Quando meno te lo aspetti

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  1. fellik
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    eccomi quaaaa!! pronta a postare il nuovo capitolo! vi avverto, è stata abbastanza una sofferenza: è un po' delicato. Parecchio delicato, vedrete da voi leggendo!
    prima di tutto vi ringrazio tantissimissimo per i commenti e gli apprezzamenti XD Un grazie speciale va a Dany e Barby, che, oltre avermi fatto morire dal ridere con i loro commenti, mi hanno anche aiutata.. come sempre!!
    mi scuso per tutto il tempo che ci metto a scrivere e postare, solo che tra blocchi post ddp e lo studio che incombe (come la maturità :S ) devo limitare quel tempo che, generalmente, dedico alla scrittura. ma ora vi lascio al secondo capitolo! buona lettura! (e non mi uccidete!)

    CAP2

    Implicitamente, Anna e Luca si erano messi d’accordo per non parlare dell’accaduto né fare niente. Tuttavia Luca non poteva fare a meno di ripensare a quella mattina e a chiedersi come sarebbe andata a finire se Ingargiola non avesse chiamato, interrompendoli sul più bello. C’era anche da ammettere, però, che finché non si fosse risolta la faccenda di Elena Gori, tutto il resto passava in secondo piano, rifletté Luca. Lui e Anna avevano passato tutto il tragitto fino all’ospedale in completo silenzio, entrambi immersi nei propri pensieri.
    “la stanza è questa qui” mormorò Anna visibilmente nervosa.
    “andiamo allora. Sicura di volermi con te?”
    “sì sicura! Non mi lasciare, ti prego! E comunque, qualsiasi cosa sia, tu poi lo verrai a sapere da me, non ripetiamo la storia due volte, almeno!”
    “allora andiamo, dai” sorrise lui incoraggiante. Bussarono ed entrarono. Era una stanza doppia, anche se per il momento solo Elena la occupava. Pallida, i capelli corvini erano più radi dell’ultima volta che si erano viste, e striati di bianco, e non facevano altro che risaltare maggiormente contro il candore della pelle. Era visibilmente dimagrita e, Anna fu costretto ad ammetterlo, visibilmente malata.
    “Mamma!!” esclamò Anna, lasciando cadere immediatamente tutte le difese, corse da lei per abbracciarla, e si ritrovarono entrambe praticamente in lacrime.
    Accanto al letto, appallottolata su una sedia, c’era una ragazzina. Piccola, magrolina, con gli stessi occhi e gli stessi capelli di Anna ed Elena Gori. Si teneva in disparte e inizialmente né Anna né Luca l’avevano notata. Teneva lo sguardo abbassato, ma era evidente che stesse osservando la scena senza perdersi nemmeno un dettaglio.
    Luca si era avvicinato più lentamente, mantenendosi in disparte imbarazzato: sentiva di aver invaso un territorio privato. Non sapeva precisamente cosa fare, ma voleva esserci, perché avvertiva che di lì a poco Anna avrebbe necessitato del suo supporto.
    “mamma, ma che t’è successo?”
    “subito al dunque, tesoro? dimmi come stai tu, parlami un po’ di te, è così tanto che non ti vedo!”
    “No, scusa, ma che te ne frega di come sto io?! Non so niente di quello che è successo a te, come credi che dovrei prenderla?”
    Fu in quel momento che Elena notò Luca, alle spalle di Anna. Era in piedi, imbarazzato.
    “Buongiorno signora Gori” disse cautamente.
    Anna gli fece cenno di avvicinarsi, rivolgendosi di nuovo alla madre:
    “Ti ricordi di Luca, mamma? Il mio collega?”
    “Luca! Ma certo! Perdonami, non ti avevo riconosciuto! Sei cambiato tanto dall’ultima volta che ti ho visto!”
    Questa volta Anna scoccò un’occhiata curiosa e gentile alla ragazzina raggomitolata sulla sedia lì accanto. Sembrava spaventata: aveva i muscoli del viso contratti e continuava a tenere gli occhi bassi. Poteva avere 12 anni, valutò Anna. Elena si accorse della curiosità della figlia, tuttavia cercò di prendere ancora tempo, limitandosi a interpellare “l’intrusa” senza però rivelare chi fosse:
    “Angelica, non saluti Anna e Luca?”
    “ciao” mormorò quella con una vocina sottile
    “scusatela, ma è parecchio timida! Angi, non ti mangiano, stai tranquilla!”
    Lei accennò ad una smorfia, e non si lasciò sfuggire l’occhiata smarrita che Luca aveva rivolto ad Anna, ma questa sembrava più spiazzata di lui. Eppure stavano cominciando a capire. Luca osservava attentamente le tre donne che aveva davanti, mandando lo sguardo da Angelica ad Elena, da Elena ad Anna. Capelli identici in tutte, e gli occhi erano gli stessi in tutti e tre, solo quelli della ragazzina erano molto più chiari. Anche i loro volti avevano dei caratteri simili. Angelica, così come Elena, sembrava più bassa e rotondetta, a differenza di Anna, alta e magrissima. Più le guardava a più vedeva quanto si somigliassero. Capì. Gli sembrava impossibile, ma capì chi aveva davanti.
    Si riscosse dai suoi pensieri solo quando sentì la voce di Anna:
    “per telefono mi hai detto che c’era qualcosa di importante che dovevo sapere. Che cosa succede, mamma?”
    “beh..” lo sguardo di Elena indugiò un attimo su Luca, al che Anna si affrettò a chiarire:
    “Puoi parlare liberamente davanti a lui, non ci sono problemi né segreti!”
    La madre era sempre più perplessa. Voleva fare loro un gran numero di domande, ma decise di tacere, inoltre pensava lei stessa che Anna avrebbe avuto bisogno di qualcuno, a Luca sembrava proprio la persona più adatta.
    “ehm.. è finita l’acqua, te ne vado a prendere un paio di bottiglie” Annunciò piano Angelica dileguandosi in pochi istanti. Era evidente che, in realtà, li voleva lasciare soli.
    “mamma, per favore, che succede? Che hai? Perché sei in ospedale, che mi devi dire? E questa Angelica chi è, che c’entra con te?!”
    “Anna, calma! Posso rispondere a una domanda per volta, sai! E come avrai capito sono tutti argomenti delicati e concatenati”
    “ma perché hai aspettato tanto a chiamarmi? Non mi pare che tu stia male da poco!”
    “no, infatti.. ormai sarà un anno. Tesoro, non te l’ho detto prima solo perché non volevo che tu ti sentissi obbligata a tornare solo perché sto male! È che ora le circostanze sono cambiate”
    Luca distolse lo sguardo: quel discorso gli era tremendamente familiare. Gli sembrava di essere tornato indietro di qualche anno, a quando era suo padre a stare male, e ora non voleva che pure Anna provasse lo stesso dolore, anche se, riconobbe con un misto di sollievo e amarezza, questa nuova situazione l’avrebbe costretta almeno a rimandare la partenza.
    Elena si guardò un po’ attorno:
    “perché non facciamo quattro passi? Sapete, l’ospedale non è così entusiasmante”
    “ma puoi uscire tu, sì?”
    “finché non scappo non ci sono problemi, Annina mia! Sai, con Angelica passiamo un sacco di tempo a gironzolare qui fuori, quando me la sento. Almeno respiriamo un’aria diversa”
    Scese dal letto e si avviò verso la porta, facendo loro strada. Era da un po’ che, ormai, entrava e usciva dall’ospedale più volte al mese, avrebbe saputo orientarsi in qualsiasi punto di esso.
    Anna e Luca erano rimasti un attimo indietro. Luca ora sembrava piuttosto incerto.
    “senti, non so se sia una buona idea che ci sia pure io.. insomma, è una questione tra te e lei, no?”
    “penso proprio di sì.. questo ci sconvolge un po’ i piani…”
    “e vabbè, sarà per un’altra volta. Facciamo così, dai: io vado in commissariato, tu rimani qui con lei. Quando vuoi venire via mi chiami, poi ci metto dieci minuti ad arrivare, e così stiamo insieme per il resto della giornata, ok?”
    Lei annuì. D’impulso, Luca, la strinse in un abbraccio: non avrebbe voluto lasciarla, ma sapeva bene di non avere alternative. Uscirono anche loro, ben sapendo che Elena non avrebbe trattenuto ancora a lungo un discreto numero di domande. Fuori videro immediatamente Angelica, seduta a gambe incrociate su una di quelle scomodissime poltroncine di plastica che riempiono tutti i corridoi di tutti gli ospedali. Aveva un libro aperto sulle gambe, un gomito puntellato al ginocchio e una guancia appoggiata alla mano. Soltanto lei poteva trovare comoda una posizione del genere, e non sembrava farci caso. Continuava a leggere, battendo delicatamente un dito contro la pagina del libro, seguendo il ritmo di una canzone che ascoltava dal suo piccolo I-pod . Forse per colpa della musica, o forse perché troppo concentrata sulla lettura, non sembrava essersi accorta di loro.
    “che leggi, Angi?” le chiese gentilmente Elena.
    “psicopedagogia applicata” rispose lei con tono piatto, senza alzare lo sguardo.
    Anna e Luca erano ogni secondo più straniti, Elena, invece, era solo perplessa:
    “ma dove l’hai preso? È tuo?”
    “no, me l’ha prestato il neuropsichiatra ieri quando sono andata dai bambini mentre tu facevi la ch.. la terapia” si corresse velocemente a fine frase. Alzò finalmente lo sguardo e cercò di cambiare argomento:
    “comunque dove andate?”
    “facciamo un passeggiata, vieni con noi?”
    Angelica esitò
    “no, tanto tra poco vado in pediatria, che le infermiere mi avevano chiesto di stare un po’ con i bambini”
    Tornò a rivolgere l’attenzione al libro, come se la discussione fosse chiusa.
    “d’accordo, comunque noi torniamo tra poco”
    “va bene.. ciao”
    Gli altri tre la salutarono e si allontanarono, rimanendo in silenzio per un po’.
    Arrivati in zona cortile Luca fermò soprattutto Anna.
    “io vado, ricordati di chiamare, eh? Per qualsiasi cosa!”
    Lei annuì
    “sì, tranquillo. Ci vediamo dopo”
    Un rapidissimo abbraccio e un bacino sulla guancia, poi Luca salutò Elena e si allontanò, diretto alla sua macchina.
    “Sembra proprio una persona fantastica, il tuo fidanzato” disse Elena per interrompere quel silenzio imbarazzato che era calato tra di loro.
    “sì ehm.. è adorabile, ma non è il mio fidanzato. Siamo solo amici” arrossì Anna.
    “ah, peccato. Sareste una bellissima coppia”
    “già…”
    Di nuovo silenzio. Passeggiavano lentamente lungo il cortile dell’ospedale. Erano entrambe tese, e Anna decise, ancora una volta, di non voler aspettare:
    “Mamma… per favore, mi spieghi che sta succedendo?! Al telefono avevi detto che era qualcosa di importante, però ora non me ne parli, non dici nulla!”
    Elena sospirò, rassegnata. In fondo la figlia aveva ragione. Come sempre.
    “pensavo potesse essere più semplice, ma ora non so proprio come cominciare. Scegli tu, da che vuoi partire? Da me o da Angelica?”
    “da te!”
    “beh, credo allora che tu abbia capito qualcosa, o comunque abbastanza”
    “sì, penso di sì. Operabile?”
    “No. Quando ce ne siamo accorti era già in uno stadio un po’ avanzato. Sto ancora facendo la chemio, ma non servirà a molto.”
    Anna se ne stava zitta, e in effetti che cosa potevi ribattere in una situazione del genere?!
    “tesoro, non voglio essere così dura e diretta, ma è questione di pochi mesi…”
    “e perché non me lo hai detto prima!? Sono tua figlia, o te lo sei dimenticato?!”
    “no, non l’ho dimenticato, ma volevo che tu ti sentissi costretta a tornare solo perché sto male! Ora le circostanze sono un po’ cambiate..”
    “io non sarei tornata solo perché stavi male, mamma! Lo sai! Aspettavo solamente un tuo segnale, qualcosa!”
    “ora lo so… ma ormai penso che sia inutile stare ad accusarci a vicenda per non esserci chiamate, non credi?”
    “beh.. sì, penso di sì. Ma.. insomma, non si può proprio fare niente?”
    “mi dispiace tesoro, purtroppo no”.
    Anna rimase in silenzio ad incassare il colpo. Non si aspettava niente del genere. È vero, con la madre non aveva più nessun rapporto, ma non aveva mai smesso di volerle bene. Ora si sentiva come un po’ smarrita. In un attimo le tornarono i mente tanti episodi di quando era bambina, quei momenti felici vissuti con lei, e prima che se ne rendesse conto si ritrovò con gli occhi lucidi.
    “ehi Anna, no! Ora non fare così, per favore!”
    “non fare così!? Mamma, ma fai davvero?! Mi vieni a dire che hai i giorni contati e dovrei pure fare finta di non starci male?!”
    “non dico che devi fingere di non starci male.. è solo che non voglio vederti soffrire ancora per colpa mia!” ma la sua voce si spense: in fondo sapeva che, qualsiasi cosa fosse successa, avrebbe lo stesso fatto soffrire la figlia. Anche Anna intuì quel pensiero, e lasciò andare un sospiro.
    “Vabbè, senti, cambiamo discorso. Questa Angelica?”
    Lei stessa intuiva che avrebbe avuto un’altra notizia piuttosto sconvolgente. In fondo le somiglianze con la ragazzina erano fin troppo evidenti.
    “non ci girerò molto intorno: è tua sorella. Anzi, sorellastra. Ha 14 anni, anche se sembra più piccola. A settembre comincerà le superiori e.. ha solo me”
    “e tu, per quattordici anni, mi hai nascosto una sorella?”
    “Anna, ti prego, non torniamo sugli errori del passato! Ho fatto solo quelli, e ti giuro che se potessi tornare indietro li eviterei tutti. Non è una scusa, ma non sapevo come dirtelo, cosa fare. E poi ero convinta che ci sarei sempre potuta essere, l’avrei cresciuta. Ma ormai sa anche lei che presto sarà sola, del tutto. Quando ho cercato di affrontare l’argomento con lei ho scoperto che era più informata e rassegnata lei di me. È stata una vera e propria pugnalata quando mi ha detto di non preoccuparmi perché aveva già trovato una casa famiglia in cui andare.. dopo.” La voce di Elena si era incrinata, ma tentò di proseguire lo stesso:
    “mi dispiace essere di nuovo piombata così all’improvviso nella tua vita con una notizia del genere. Perdonami, veramente, ma pensavo tu lo dovessi sapere. Ora.. sì, insomma, puoi decidere tu se te la senti di diventare la sua tutrice e occuparti di lei, oppure farla andare in una casa famiglia. E davvero, scegli liberamente, lei non pensa nemmeno che te lo voglia chiedere. Non vuole essere un peso, sai.”
    “eh.. così su due piedi non so che dire, veramente…”
    “Non devi decidere ora, hai tempo”
    Fu in quel momento che videro proprio Angelica uscire dall’ospedale spingendo una sedia a rotelle occupata da un bambino, e altre due che le scorrazzavano intorno ridendo.
    Elena la seguiva con lo sguardo, spiegando ad Anna il gesto della sorella:
    “è tutta l’estate che mi tiene compagnia in ospedale, ogni volta che vengo qui. Solo che non sempre, durante le terapie e le cure può stare, altre volte sono io che non voglio mi veda, quindi si è abituata a girovagare un po’ per l’ospedale. Un giorno c’era un bambino che, non si sa come, aveva perso il reparto di pediatria, e lei lo ha riaccompagnato lì.. e da quel giorno, spesso, si trattiene là, legge le storie ai bambini, li porta un pochino di fuori, li fa giocare, li aiuta con i compiti, e pensa, si è addirittura avvicinata agli studi di psicologia! Insomma, hai visto prima che razza di libri si legge!”
    Anna non aveva ascoltato più di tanto la madre, si limitava ad osservare Angelica in silenzio. In un certo senso le sembrava di rivedere se stessa in quella ragazza mite e timida, diffidente verso tutto. Più la guardava e più si rendeva conto di quanto fossero simili. E più la guardava e più pensava a quanto avesse desiderato avere veramente una sorella, quando era più piccola.
    La osservava attentamente, e la vide irrigidirsi e scostarsi rapidamente quando un dottore le aveva posato una mano sulla spalla con fare paterno, per parlarle. Anche se a distanza, vide chiaramente che sembrava spaventata. Era come se avesse paura degli adulti. Improvvisamente capì altro di lei:
    “Mamma.. quel bastardo ha abusato anche di lei?!”
    Un velo cupo scese sugli occhi di Elena Gori, e il suo tono s’indurì.
    “Purtroppo sì.”
     
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