Archivio Forum - Ricordi [Lucanna&Co]

Votes taken by daniela15

  1. .
    Katiaaaaaa.... io - o meglio, io e le mie lacrime - ti abbiamo odiato abbastanza per questa shot, già u.u
    Povero Luchino, sfigato anche nelle ff c.c (ti risparmio il resto dei commenti che ti ho fatto in diretta su msn u.u)
    E comunque, a 'sto punto, voglio sapere perché a me vengono sempre bocciate e contestate le idee depresse aahhahah

    Ok, la pianto :P aspetto quello con cui dovrai farti perdonare u.u ahahah un bacio :*
  2. .
    *muore ridendo tantissimo*
    Ciao Cri ** ahahahahahahahahahahahahah non mi riprenderò più

    Grazie a tutte per i commenti <3
  3. .
    Salve a tutti ^^
    Prima shot che scrivo dopo la famosa e funerea puntata di domenica scorsa e, miracolosamente, non è una cosa depressa XD XD
    Dunque, se la storia vi piacerà almeno un po' è merito di Sara, visto che l'idea di partenza è stata sua =). Se invece non vi piace, è colpa mia perché evidentemente non sono riuscita a rendere come si doveva il tutto (ed è inutile e superfluo che dica che tanto non mi piace XD) u.u Ulteriore premessa da fare è la collocazione temporale della shot: siamo in DdP9 e, più precisamente, alla sera di quella famosa birra di Luca con un vecchio amico. E se nella serie l'episodio è stato foriero di enormi casini, qui ha uno svolgimento del tutto diverso.
    Buona lettura a chi leggerà :*
    (Titolo e versi in corsivo da “Un bacio a mezzanotte” del Quartetto Cetra)

    Mezzanotte per Amare

    Quando Anna si metteva ai fornelli con così tanto impegno voleva dire che nell'aria c'era qualcosa di speciale. Di solito lo faceva quando voleva fare una sorpresa a qualcuno e la maggior parte delle volte quel qualcuno era Luca. Quella sera non era proprio una sorpresa ma più che altro un gesto carino per fargli capire che era tutto a posto, un modo come un altro per passare un po' di tempo insieme come avevano fatto mille e mille volte prima di allora, prima di quella sera che aveva cambiato le cose, prima di quel discorso che li aveva bloccati in una dimensione dove il tempo scorreva incerto. Quella sera però aveva deciso che quel tempo sarebbe trascorso come voleva lei: voleva una serata senza pensieri con Luca? Bene, l'avrebbe avuta! Si impose di ricacciare tutti quei pensieri nel più lontano angolino del suo cervello e si concentrò con tutta sé stessa sulla cena che stava preparando. Aveva svuotato una busta di verdure surgelate in una padella e ora le rigirava di tanto in tanto, ma aveva un'aria poco convinta. Ad essere onesti, le trovava un pochino tristi per quanto i surgelati fossero i migliori amici suoi e di Luca.
    “Mmm, forse se ci aggiungessi qualcosa...” borbottò tra sé e sé mentre apriva il frigo cercando cosa aggiungere per dare un tocco personale. Alla fine optò per del semplice sedano fresco che era sicura avrebbe dato al tutto un sapore più dolce e delicato. Anna ridacchiò di sé e di quei pensieri da grande cuoca mentre tagliuzzava a pezzi un gambo della verdura e l'aggiungeva alle altre in padella. Un paio di mescolate col cucchiaio di legno e poi si arrischiò ad assaggiare. “Mmm, troppo dolce...” valutò guardandosi attorno alla ricerca del barattolo del sale per aggiustare di sapore il tutto. “Sì, così secondo me va meglio!” esclamò soddisfatta mentre salava le verdure e dal fondo del corridoio sentiva la serratura scattare.
    “Ciao!” urlò Anna mentre Luca lasciava che la porta gli si chiudesse alla spalle. Stava per raggiungerla in cucina quando il cellulare prese a squillargli in tasca. Con ancora il mazzo delle chiavi in una mano, frugò nella giacca fino a trovare il telefono e rispose senza nemmeno guardare il display. “Pronto!? Oh Gianluca... che hai fatto!? ...sì, io sto bene... tu che hai fatto!?” chiese evidentemente preoccupato dal tono dell'amico. Anna, che aspettava da un momento all'altro di vederselo arrivare in cucina, si avvicinò alla porta giusto in tempo per vederlo scribacchiare qualcosa su un post-it, appoggiato al tavolinetto del salotto. E mentre Luca metteva giù la chiamata, lei sgattaiolò di nuovo ai fornelli, fingendo di essere impegnatissima a tagliuzzare delle verdure.
    “L'appostamento su Franchi?” esordì lui quando finalmente si affacciò nel cucinino, “Ah mi sono fatta dare il cambio da Elena! Senti, ma tu... hai programmi per stasera?” si fece avanti lei facendo finta che fosse una domanda del tutto disinteressata. “No, ma io mi cambio al volo ed esco... non me di' che hai cucinato anche per me...” chiese lui di rimando notando la padella sul gas, “No, va beh, non ti preoccupare...” fece lei avanzando di qualche passo nella sua direzione, “Ah, perché mi ha chiamato un mio vecchio amico: è stato mollato dal ragazzo e non mi va di lasciarlo da solo...” spiegò lui con disarmante tranquillità. “E com'è!? Carino!?” fu la domanda che istintivamente le salì a fior di labbra, “Anna, lo conosco da dieci anni...” sorrise lui, sicuramente non capendo fino in fondo cosa quell'interrogativo nascondeva. Le gelosie di Anna, tutte le insicurezze che ad un tratto avevano messo in discussione anche ciò che Luca era sempre stato per lei. Si obbligò a mostrarsi tranquilla e cercò di sfoderare il suo migliore sorriso. “Vai allora, divertiti!” si sforzò di suonare convincente prima che lui esclamasse un leggero “Grazie!” e si riavviasse per il corridoio verso camera sua. Lei invece si portò di nuovo davanti ai fornelli con qualcosa del tutto simile alla gelosia che le chiudeva lo stomaco. La serata che aveva immaginato si era appena sgretolata di fronte ai suoi occhi e, come se non bastasse, doveva sopportare l'idea che lui uscisse con uno che non era detto fosse davvero solo un amico. Sconsolata da quei pensieri Anna spense il gas e sfogò la sua frustrazione addentando un gambo di sedano mentre da un angolino lontano della sua mente si affacciava l'ipotesi, malata, di poter seguire Luca e vedere così con i propri occhi cosa sarebbe stato di quella serata.

    ***

    Aveva fatto in fretta a cambiarsi Luca, aveva scelto un jeans scuro e una semplice maglietta nera a maniche corte. Aveva ancora il giubbotto di pelle tra le mani quando si affacciò in cucina per salutare Anna. Immaginava di trovarla ancora affaccendata ai fornelli e invece il fuoco sotto la padella era spento e lei stava strofinando con foga, forse con un po' troppa foga, il piano del lavello. Cos'era cambiato in appena dieci minuti e dove era finita la Anna che si muoveva iper attiva e raggiante tra cucchiai di legno e padelle? Cos'era successo?
    “Io... io... allora vado!” le disse, una nota di incertezza nella voce, mentre l'immagine di lei che poco prima annuiva ripetutamente alle sue parole mordicchiandosi le labbra, gli metteva addosso una strana sensazione. Provò a scacciarla ma quando già aveva la mano sulla maniglia la riconobbe, uguale a quella di quando era fuggito dal letto, lo stesso disagio misto a senso di colpa. E se per certi versi era ridicolo che la cosa suonasse così familiare a quella notte da cui era scappato, per altri era assolutamente normale. In fondo, anche in quel momento se ne stava andando lasciandola sola e sentiva che anche Anna viveva la cosa dalla stessa prospettiva se non da una peggiore, soprattutto ora che ripensava a quella domandina su Gianluca, a quel Com'è? Carino? e vi riconosceva una gelosia a cui prima non aveva fatto caso. Sbuffò, l'ultima cosa di cui aveva voglia era litigare di nuovo con lei o peggio ritrovarsi il giorno dopo a non parlarsi nemmeno: aveva già dato e la cosa non gli era piaciuta per niente. Per un attimo fu tentato di dare buca a Gianluca e restare a casa con lei, così da farle capire anche se indirettamente che quel vecchio amico non era un pericolo nella dimensione che stavano cercando per loro e i loro sentimenti. Forse però così avrebbe rischiato di farle credere veramente che in realtà avessero in programma più di una birra e non era così... Sbuffò di nuovo picchiando la fronte contro lo stipite della porta: odiava tutte le paranoie in cui si perdeva in quel periodo perché lo lasciavano invischiato in un'immobilità che lo paralizzava, con l'unico risultato di fargli sbagliare tutto con lei. Ma, almeno quella sera, voleva fare la cosa giusta. Tornò indietro sui suoi passi e si riaffacciò in cucina, rigirandosi le chiavi tra le mani.
    “Quanto ci metti a cambiarti?” le domandò curioso e lei lo guardò quasi come non avesse capito. “Allora!? Ti bastano cinque minuti per mettere qualcosa di più presentabile di quella tuta?” insistette accennando con la testa ai pantaloni slargati che aveva indosso. “Perché devo cambiarmi?” chiese lei di rimando passandosi le mani umide sulle gambe, “Oh signore, di solito sono io quello lento di comprendonio!” ridacchiò leggero. “Dai Annina, mettiti un paio di jeans che si esce!” la incoraggiò sbattendo le mani. Lei però sembrava ancora indecisa, come se non fosse sicura di quello che realmente lui le stava chiedendo “Ma non dovevi vedere quel tuo amico?”, “Sì, e infatti se non ti muovi faremo tardi... Dai, gli tiriamo un po' sul morale e magari riusciamo anche a goderci un po' la serata io e te: è tanto che non usciamo insieme!” le sorrise prima di girarsi e imboccare di nuovo il breve tratto di corridoio per la porta. “Ti aspetto in macchina, sbrigati!” le urlò precedendola fuori di casa e perdendosi così il largo sorriso con cui Anna lanciò la spugnetta nel lavandino prima di correre in camera, euforica come una quindicenne alla sua prima uscita.

    ***

    “Scendi, avanti! Vieni fuori da lì!” sbuffò Luca ed era almeno la terza volta che pronunciava quella frase ma, almeno per la terza volta, la risposta di Gianluca era stata il tentativo, miseramente fallito, di infilare la chiave nel quadro dell'auto per accendere il motore. “Ok, ho capito...” borbottò allora scambiandosi un cenno di intesa con Anna per poi afferrare il ragazzo per un braccio e tirarlo fuori di peso dall'abitacolo. “Ehi... rimettimi nella mia macchina!” protestò lui mantenendo a fatica quel po' di equilibrio che la sbronza gli aveva lasciato, “Non se ne parla nemmeno! Non puoi guidare così... dai, ti riaccompagno io...” lo zittì Luca mentre, aiutato da Anna, portava l'amico dall'altro lato della vettura e lo spingeva con decisione a montare dal lato del passeggero. “Allora, io vado avanti e tu ci segui con la nostra auto, va bene!?” si rivolse poi ad Anna che già si era incamminata verso la loro macchina annuendo sorridente e strappando così anche lui un sorriso di rimando.
    Tutto sommato la serata per loro due era stata anche piacevole, compresi i deliri del povero Gianluca che aveva monopolizzato la scena con un monologo che lui stesso aveva definito dello sfigato appena mollato - “Così fa anche rima!” aveva aggiunto fiero. Certo, ora a vederlo letteralmente spalmato sul sedile, con la testa all'indietro e gli occhi strizzati all'inverosimile, Luca doveva ammettere che il suo vecchio amico non aveva più niente di divertente. Mugolò qualcosa quando lui mise in moto e dopo qualche secondo e un grande sforzo di volontà riaprì gli occhi e, con sollievo, si accorse che il buio della macchina e le luci aranciate dei lampioni gli davano molto meno fastidio dei neon bianchi del locale. “Grazie Lu'!” esclamò con voce bassa, le parole che rotolavano grossolane dalla bocca impastata dall'alcool, “E de che...” lo liquidò mentre sbirciava di sfuggita lo specchietto, a controllare forse che Anna gli stesse effettivamente dietro e il gesto non passò inosservato all'amico che atteggiò le labbra in un sorriso leggero. “Beh, per cominciare potrei ringraziarti per essere venuto a sopportarmi anche se saresti voluto essere da tutt'altra parte e con tutt'altra gente...” esclamò indicando sfacciatamente lo specchietto che Luca aveva fissato poco prima. “Ti ha dato fastidio che l'abbia portata con me?” chiese lui di riflesso cogliendo immediatamente il riferimento ad Anna, “No no, anzi, così ho avuto una persona in più con cui sfogarmi! Magari lei si sarebbe voluta evitare il mio spettacolo ma ok...”, “Ma no, tranquillo, da poliziotti abbiamo visto molto di peggio!” ridacchiò. Rise anche Gianluca prima che una fitta alle tempie lo costringesse a strizzare di nuovo gli occhi. “Che mal di testa oh...”, “E ci credo, con tutto quello che hai bevuto è già un miracolo che tu riesca a dire cose sensate!” lo prese in giro Luca e l'amico si girò a guardarlo interessato. “Tu mi nascondi qualcosa!” gli disse dal niente puntandogli un dito contro. Lui per tutta risposta aggrottò la fronte in un'espressione dubbiosa. “Cosa!?”, “Sì, hai la faccia di uno che nasconde qualcosa!”, “Gianlu’, tu sei più ubriaco di quanto temevo!” giudicò alla fine Luca con un’esclamazione preoccupata, “Io sarò anche ubriaco ma non sono stupido, anzi! Se non sbaglio in questioni di amore me la sono sempre cavata meglio di te… sì beh, a parte ora ma sorvoliamo…” fece lui gesticolando, “Ma tu sei fuori…” ridacchiò Luca mentre imboccava una traversa laterale della strada principale. “Senti, avrò anche la mente un po’ annebbiata dall’alcool ma so quello che ho visto stasera!” rincarò lui con l'aria, adesso, di chi la sapeva lunga. Luca inarcò un sopracciglio, curioso e divertito. “E sentiamo, cosa avresti visto!? Oltre i bicchieri che ti sei scolato, intendo...” lo provocò scrutandolo con la coda dell'occhio. Gianluca si passò le mani sul volto a nascondere il sorrisetto malandrino e malizioso che avrebbe messo in sospetto l'amico e quando si senti abbastanza sicuro di poter controllare l'euforia che gli scorreva nelle vene, tornò a girarsi un po' verso sinistra per guardarlo. “Ho visto tante cose, sai!? E soprattutto ho visto certi sguardi.... Guarda avanti e non fare quella faccia!” si interruppe quando Luca si voltò di scatto a fissarlo. “Mi hai chiesto tu cosa ho visto e quindi ora ascolti, buono e in silenzio!” lo minacciò Gianluca mentre tornava ad appoggiarsi al sedile e lui riportava veloce e vagamente indispettito l'attenzione alla strada. “Allora, dicevo...” riprese con voce roca e resa spessa dall'aver bevuto troppo, “ah sì, gli sguardi! Ecco, ho visto chiaramente il modo in cui Anna ti ha guardato per tutta la sera: con gli occhi languidi, lucidi... Gli stessi occhi che avevi tu ogni volta che la guardavi... Oserei dire che erano sguardi da innamorati!” spiegò con un sospiro teatrale ed enfatico, “Ok, è ufficiale: la sbronza t'ha bruciato anche quel poco di cervello che era ancora sano!” borbottò Luca a denti stretti mentre istintivamente serrava la presa attorno al volante. “Il mio cervello sta benissimo! E poi, non capisco perché scatti così... Ti assicuro che ognuna delle persone che era al locale stasera, ti direbbe di aver visto la stessa cosa! Cioè, non so spiegarti bene, ma davvero il modo in cui tu e Anna vi guardavate è qualcosa che si vede solo tra innamorati... non è una cosa da amici... cioè noi non ci siamo mai guardati così in dieci anni che ci conosciamo...” esclamò con un tono così buffo che tutto il disappunto di Luca per quella strana conversazione si sciolse in una risata sincera.
    “Ho ragione, vero!? Sei innamorato di lei!?” la domanda improvvisa e diretta di Gianluca arrivò con precisione chirurgica nell'esatto momento in cui le risate si spensero ed ebbe il potere di dipingere sul volto di Luca un'espressione che sembrava uno strano miscuglio di più emozioni: dolcezza, timore, amore, paura. “Non lo so... amarsi, essere amici... mi sembrano tutte cose così piccole rispetto a quello che provo per lei...”, “Ok, c'ho preso: sei cotto!” esclamò l'amico dandogli una maldestra pacca su un braccio, “Non è così semplice...” sbuffò lui quasi sfiduciato, “Perché? Aspe', non dirmi che è una di quelle paranoie legate al fatto che è una donna... Andiamo Lu', non puoi farti 'sti problemi! Abbiamo passato anni a lottare con noi e con chi ci stava vicino, per poter amare chi volevamo... abbiamo perso le persone a cui più volevamo bene per rivendicare la libertà di vivere ciò che sentivamo davvero di essere... E lo so che 'ste battaglie ci sono costate tanto, che ti sono costate tanto, ma cavolo, se ami lei te ne devi fregare. È una donna? Embhè? Dov'è il problema? È amore, solo e comunque amore, ed è questo che conta!”. Le ultime parole di Gianluca si confusero nel sospiro pesante di Luca, combattuto come non mai tra la voglia di dare ragione all'amico e l'angoscia di fare qualcosa che avrebbe potuto rovinare per sempre il suo rapporto con Anna. “E se va male Gianlu'? Se provo ad amarla come lei vorrebbe, se finisco per prometterle cose che non so se riuscirò a mantenere, se poi scopriamo che non è davvero quello che vogliamo? Perderemmo tutto, capisci!? E io non voglio...” confessò e fu la prima volta che lo ammetteva ad alta voce, “Ma almeno c'avreste provato... e così, dopo, non avreste il rimpianto di non aver tentato... E poi, secondo me, ti fai le domande sbagliate... cioè, dovresti chiederti se la ami, se potresti sopportare di vederla con un altro perché tu non ti muovi, se... come diceva quella canzone!?” si chiese il ragazzo mentre si massaggiava le tempie “Ah sì, 'Ma come farò senza più amar ma come farò senza baciar ma come farò a non farmi tentar'” prese improvvisamente a canticchiare, ripescando da chissà quale ricordo una vecchia canzone degli anni '50. “Ma tu stai davvero male!” lo apostrofò Luca scuotendo la testa, “Guarda che il Quartetto Cetra ha ragione: devi chiederti se credi di essere capace di resisterle e di fare a meno del tuo amore per lei... E questa è l'occasione giusta per trovare una risposta: è quasi mezzanotte, in cielo c'è la luna... vedi che la canzone è perfetta!?” insistette lui con uno slancio euforico che naufragò in una nuova fitta alle tempie. “Ok, tutta la mia lucidità si esaurisce qui... credo che non appena sarò a casa mi chiuderò in bagno a vomitare anche l'anima!” sbuffò stanco schiantandosi all'indietro contro il sedile e strappando a Luca un sorrisino comprensivo nel bel mezzo di un turbinio di domande che si rincorrevano frenetiche nella sua testa.
    Cosa doveva fare? Gianluca aveva ragione? Si stava davvero facendo problemi inutili?
    Deglutì a fatica mentre nello specchietto incrociava di nuovo l'immagine dell'auto guidata da Anna e cominciava pericolosamente a pensare che tutto il discorso di Gianluca, per quanto confusionario e da ubriaco, non fosse poi tanto sbagliato. Forse quelle parole avevano più di un fondo di verità e il senso di vuoto in fondo allo stomaco quando si ritrovarono faccia a faccia davanti a casa di Gianluca fu una specie di conferma. Lei gli sorrideva leggera, stretta nel suo soprabito grigio, con le mani affondate nella tasche mentre si avvicinava allo sportello di Gianluca.
    “Come va?” gli chiese aprendo piano la portiera, “Mmm, a parte il mal di testa pazzesco e lo stomaco sottosopra, direi bene!” bofonchiò lentamente afferrando la mano che lei gli stava porgendo per aiutarlo a scendere. “E vabbè dai, ora te ne vai a letto e passa tutto... Dammi le chiavi del portone, su!” fece Luca allungandogli la mano aperta, “Sì...” mugolò l'altro puntellato contro l'auto mentre prendeva a rovistare nelle tasche dei jeans, in quelle del giubbotto e di nuovo in quelle dei pantaloni. “Oh-oh!” esclamò con aria colpevole alzando lo sguardo sui due ragazzi davanti, “Ehm, non ce le ho le chiavi... credo di averle lasciate in macchina!”. Luca sbatté le mani sulle gambe in un gesto di incredulità. “E ora!?” gli domandò cercando di ignorare Anna che sommessamente gli rideva accanto, “E ora!? Ma che ne so Lu'... voi siete poliziotti: non avete quei cosi che aprono tutte le serrature del mondo!?”, “Sì, ma ti pare che mi metto a scassinare casa tua come fosse quella di un delinquente!?, “Ma sì, che ti frega: ti autorizzo io! Va bene tutto pur di potere andare a casa!” piagnucolò ancora fermo accanto all'auto. “No ma lo senti?” fece Luca sconvolto voltandosi verso Anna, “Eh ma cosa vuoi fare? Lasciarlo qua fuori in queste condizioni? Gli apriamo casa e domani gli recuperi macchina e chiavi!” fece lei ridacchiando divertita, “Cioè, ti ci metti anche tu? E Poi, se anche fossi d'accordo, mica ho il passepartout dietro...”, “Tu no, ma io sì!” esclamò fiera Anna sfilandosi la borsa dal braccio e guadagnandosi un'occhiata ad occhi spalancati di Luca. “Beh, che hai da guardarmi così!? Te l'hai mai detto nessuno che nelle borse delle donne ci si trova di tutto!?” lo provocò ridendo mentre dondolando sui tacchi si avviava al portone avvolta dal buio in un alone di mistero.

    ***

    “Integerrimi poliziotti forzano serratura dell'abitazione di un privato cittadino!” declamò Luca mentre lasciava che Anna lo precedesse dentro casa loro. Lei rise ancora e praticamente non aveva fatto altro durante il tragitto in macchina, anche per via delle amichevoli prese in giro a Gianluca. “Dai, smettila! Poverino, oggi non glien'è andata bene una...” lo difese lei alla fine, rifilando a Luca una manata sul braccio, “Beh no, bisogna ammetterlo... però con la storia delle chiavi c'ha messo del suo...” insistette lui mentre lanciava il giubbotto di pelle sul divano, per poi andare dritto in cucina. Tirò fuori una bottiglia d'acqua dal frigo mentre lei si sedeva di traverso sul bordo del tavolo.
    “Luca!?” lo chiamò appena, lo sguardo all'orlo del soprabito con cui giocherellava, “Grazie per avermi chiesto di venire con te... sì, insomma, so che non c'entravo niente in questa serata e...” cominciò dando voce a quel senso di disagio che sapeva avrebbe dovuto provare per essersi imbucata in una situazione così personale come quella. Eppure lei si era sentita tutt'altro che un terzo incomodo. Gianluca si era rivelato un ragazzo simpatico e con un notevole senso dell'umorismo e aveva approfittato della sua presenza per avere una platea più ampia con cui sfogare la propria depressione. “Ma dai, ti pare... Gianluca ha avuto una spalla in più su cui piangere e io e te, in fondo, abbiamo passato una serata divertente e anche adrenalinica: abbiamo anche scassinato una porta!” ridacchiò Luca a bassa voce facendosi più vicino a lei dopo averle poggiato accanto la bottiglia, sul tavolo. Rise anche Anna mentre l'aria attorno a loro si riempiva di una sottile elettricità, “Sì, il finale di serata è stato un po' movimentato...” soffiò lei in un tono involontariamente più basso, “Mmm già, è stata una serata interessante...” bofonchiò Luca incerto mentre si piegava un po' verso di lei, puntandosi sul tavolo, con le mani vicino ai suoi fianchi. Il discorso stava progressivamente perdendo di importanza come se la loro attenzione stesse venendo calamitata da qualcosa di invisibile ma infinitamente più forte e importante. Ormai capitava sempre più spesso che tra loro scattasse quel qualcosa che li proiettava in quella dimensione vaga e indefinita. Era un qualcosa a cui non sapevano dare un nome preciso, forse perché avevano paura di farlo, e che Anna aveva provato a spiegare con il bisogno e la voglia di stare insieme, un misto di attrazione mentale e fisica. Una spiegazione che, adesso, con lui distante solo una manciata di centimetri le pareva riduttiva e insufficiente. Insufficiente a descrivere quello che ora sentiva spingerla verso Luca, verso il suo corpo, verso le sue labbra. Era già successo che si trovassero così vicini dopo quella famosa notte non vissuta e il risultato era sempre stato lo stesso, era sempre stato quell'avvicinarsi reciproco.
    Anna sospirò, un impercettibile sbuffo d'aria, mentre lo sguardo di Luca si faceva più intenso e scuro. Uno sguardo che come al solito le riempiva la testa di domande, perché il discorso di Luca sulla confusione in cui la storia tra loro lo aveva proiettato si scontrava con momenti come quello da cui lui non sembrava minimamente avere voglia di fuggire. Anzi, se ne restava lì, in attesa di quello che sarebbe potuto accadere, calmo e sereno e le faceva pensare che in fondo una speranza per loro due ci fosse davvero. Forse era davvero una questione di tempo, forse si trattava davvero di aspettare che Luca fosse pronto a quella nuova dimensione del loro legame e poi avrebbero potuto veramente concedersi una possibilità. Ci credeva Anna e ci credeva sempre di più mano a mano che il viso di Luca si avvicinava al suo e il suo respiro prendeva a scaldarle la guancia e poi il collo. Le venne automatico muoversi a cercare un contatto maggiore e quando le loro fronti si sfiorarono sapeva benissimo che ciò che sarebbe venuto sarebbe stato un bacio. Una parte di lei, memore delle esperienze precedenti, però faticava a lasciarsi andare: temeva che da un momento all'altro avrebbe squillato il telefono o sarebbe apparsa Elena da chissà quale angolino della casa. In fondo sarebbe stato normale, no!? Era già successo. Succedeva sempre quando arrivavano a quel punto. Arrivava sempre qualcosa ad interromperli e dopo era faticoso ripartire perché si aggiungeva ogni volta una nuova piccola zavorra nata dall'imbarazzo, che pesava e condizionava. Quella sera però pareva essere diversa: nessun telefono suonava, nessuno spuntava con pessimo tempismo alle loro spalle e Luca si faceva sempre più vicino. Così vicino che ad Anna bastò alzare di un niente la testa per trovare le sue labbra sulle proprie. E mentre il bacio diventava più profondo e intimo, per lei fu spontaneo allungarsi a stringerlo. Le sue mani scivolarono leste sulla schiena di Luca nello stesso istante in cui lui la tirò verso di sé facendole poggiare i piedi a terra con un piccolo schiocco dei tacchi che fu accompagnato dal rumore della bottiglia d'acqua che si rovesciava sul tavolo e poi sul pavimento. Anna e Luca risero staccandosi ma non degnarono nemmeno di uno sguardo il disastro che sapevano aver combinato. Erano decisamente interessati ad altro. E l'aria attorno a loro era incredibilmente leggera, vuota di tutti quei se e quei ma che li avevano frenati fino ad allora. O meglio, vuota di tutti quei se e quei ma che avevano frenato Luca fino ad allora. Lui non sembrava mai essere stato così a suo agio come in quel momento, con le mani che risalivano piano lungo i fianchi di Anna. Improvvisamente tutto il discorso che Gianluca gli aveva fatto in macchina aveva acquistato un senso, ognuna delle sue parole adesso sembrava quella giusta al posto giusto e tutte quelle domande adesso apparivano come verità svelate.
    Ma come farò senza più amar... ma come farò senza baciar... ma come farò a non farmi tentar...” sussurrò Luca, la fronte a sfiorare quella di Anna e la bocca ad un soffio dalla sua. Lei si allontanò un po', spaesata, e lui sorrise con gli occhi accesi di felicità. “È una vecchia canzone ma stasera sembra parlare di me... sembrano le domande che mi faccio ogni volta che ti sono accanto e finalmente sento di aver trovato una risposta...” le spiegò in un mormorio roco, “E qual è la risposta!?” pigolò lei timorosa, spaventata all'idea di una risposta che li fermasse e allontanasse di nuovo. Ma Luca spazzò via le sue ansie nella lunga carezza che dai fianchi risalì lungo le braccia, le spalle e infine le guance. E fu con il suo viso tra le mani che la loro storia cambiò. “La risposta è che non posso fare più finta di non amarti, non posso più stare senza baciarti, non posso più resisterti... e non voglio. Non voglio più fare a meno di te!” confessò in una dolcissima quanto spontanea e inaspettata dichiarazione d'amore. Anna boccheggiò stupita mentre il cuore le accelerava in petto e Luca riprendeva a baciarla. Le orecchie le ronzavano e faticava a realizzare quello che davvero stava accadendo e le mani di Luca che si intrufolavano sotto il soprabito per sfilarglielo non la aiutavano a ragionare. Rinunciò completamente a darsi una spiegazione logica a quel momento che stava cambiando tutto quando lui la attirò ancora di più a sé infilando le mani sotto la maglietta. Il suo tocco fu una scossa, un brivido lungo la schiena, uno scoppio di calore a cui lei reagì obbedendo al suo istinto. Artigliò i bordi della sua maglietta e la sollevò obbligando Luca ad interrompere un ennesimo bacio per alzare le braccia e lasciarsi spogliare. Anna sentiva la pelle di Luca scottare sotto le proprie mani e i suoi muscoli guizzare sotto le dita e lei non si era mai sentita così felice. Nessun bacio e nessuna stretta erano mai stati così caldi e belli come quelli di Luca. E le labbra di Luca erano scivolate lungo il collo lasciando al loro passaggio una scia di schiocchi umidi, facendola sorridere per il leggero solletico causato dalla barba e fu quel risolino imbarazzato ad accompagnare la magliettina che volava a terra a raggiungere la sua.
    “Ti amo!” si lasciò scappare Anna prima che arrivasse un altro bacio, prima che il gancetto del reggiseno si slacciasse e che le mani calde e grandi di Luca lo accompagnassero giù, lungo le braccia, e poi da qualche parte tra il tavolo e il pavimento. Anna non riconosceva la foga di Luca ma la amava: la faceva sentire finalmente desiderata e dio solo sapeva quanto lei volesse essere desiderata da lui.
    Il cuore le batteva all'impazzata contro il petto nudo di Luca e poteva sentire chiaramente il suo battere altrettanto pazzamente contro il proprio seno, mentre gli serrava le braccia intorno al collo. A Luca sembrò che quell'abbraccio li stesse fondendo in un'unica cosa e improvvisamente sentì di volere di più. Intrufolò a fatica una mano tra di loro a cercare il bottone dei jeans di Anna e sorrise soddisfatto quando riuscì a liberarlo dall'asola facendo scorrere la zip. Si staccò da lei quel tanto che bastava per afferrarla per i due lembi del pantalone sbottonato e cominciò a tirarsela dietro lungo il corridoio. Anna si scoprì a guardarlo maliziosa mentre si lasciava tirare da lui rubandogli un piccolo bacio ad ogni passo e, quando si ritrovarono davanti alla camera di Luca lei, scalciò via dai piedi i tacchi e lui perse la presa per un istante, quello che gli fece ritrovare le mani di lei strette alle proprie e il respiro mozzato in un bacio voglioso. Ad occhi chiusi indietreggiarono verso il letto e Anna si ritrovò a cavalcioni su Luca, innamorata e con il cuore a mille, mentre annegava in un paio di occhi liquidi e scurissimi.

    ***

    Mezzanotte per amar mezzanotte per sognar... Luca si era svegliato con quella canzoncina in testa e se non avesse avuto paura di svegliare Anna, accoccolata tra le sue braccia, l'avrebbe quantomeno fischiettata, per quanto gli ricordava la notte appena trascorsa. Invece, se ne stava in silenzio a contemplare i tondini di luce che gli spiragli della persiana proiettavano sulla poltrona e sul letto, mentre arrotolava delicatamente tra le dita una ciocca dei capelli di Anna. Forse fu quel giochino da bambini a svegliarla, quando un paio di minuti dopo si stiracchiò nel suo abbraccio.
    Uno sguardo assonnato incrociò il suo e tutto sembrò più bello.
    Tutto tranne la sfumatura d'ansia che lampeggiava negli occhi grandi e dolci di Anna.
    Cosa stava pensando? Cosa temeva? Forse che lui si fosse già pentito? O che la guardasse dicendole che era stato un grande, gigantesco errore da dimenticare? Non lo sapeva ma non lo sopportava.
    Rafforzò la stretta su di lei e soffiò un delicato “Ti amo!” che si spense sicuro tra le onde scure dei suoi capelli. Un attimo dopo Anna fissava Luca con sguardo lucido di lacrime, per la prima volta davvero felice. Tutti i suoi dubbi erano spariti in quella frase e nuove certezze erano nate, sempre da quella frase.
    Un bacino sul naso, un nuovo “Ti amo”, quelle due paroline sussurrate ancora occhi negli occhi e un bacio che era l'inizio di una nuova vita.

    FINE

  4. .
    Quarto cap! Come al solito, potreste riconoscere alcune scene della decima serie reinterpretate a modo mio, anche se questo capitolo è per la sua maggior parte originale. Buona lettura! *-*



    Niente dopo te

    IV Capitolo



    “Ecco fatto!” esclamò l'infermiera sfilandogli delicatamente l'ago dal braccio e togliendogli così la flebo di antidolorifico. Luca strinse il pugno un paio di volte, a scacciare il formicolio causato dalla prolungata posizione distesa del braccio, e sorrise lievemente alla donna che gli stava passando due compresse bianche e un bicchiere d'acqua. “E questo!? Devo portarlo via!?” chiese lei accennando con la testa al vassoio con la colazione appoggiato sul comodino, “Sì sì, grazie!” rispose lui sistemandosi meglio nel lettino, “Ma non ha mangiato niente...” protestò l'infermiera con fare materno, “Lo so ma non mi va nulla, davvero!”, “Mal di stomaco, giusto!? Beh, sono tutti gli antidolorifici che le sono stati somministrati in queste ore... comunque, qualcosa la deve mangiare sennò è peggio!” e la donna sollevò il vassoio lasciando sul comodino il pacchetto delle fette biscottate e la porzione di marmellata. Luca sorrise intenerito da quella premura “Ok, più tardi provo a buttare giù qualcosa...” e la donna ricambiò il sorriso mentre lasciava la stanza, ora più tranquilla. Lui invece si tirò su, attento ad evitare movimenti bruschi, e si sedette sul bordo del letto con l’intenzione di alzarsi e cominciare a prepararsi. Erano già le otto e nel giro di un paio di ore, al massimo, avrebbe potuto lasciare l’ospedale e la cosa non gli dispiaceva affatto. Soprattutto considerando che dopo se ne sarebbe potuto andare a casa e chiudere tutto il resto fuori da quella porta per almeno qualche ora, o una giornata intera se fosse stato fortunato. Con un sorriso amaro però pensò che era già stato abbastanza fortunato la sera prima, quando era riuscito a sfuggire all’attentato cavandosela solo con dei grossi lividi sul petto. Lividi che ora gli rendevano doloroso muoversi e respirare. Trattenendo il fiato si alzò e si diresse verso il piccolo armadio appoggiato contro la parete di fronte e ne tirò fuori una borsa blu, quella che Vittoria era stata così carina da andare a recuperargli a casa. Dentro, un cambio e poche altre cose. La posò sul lettino estraendone i vestiti proprio mentre il cellulare prendeva a vibrare contro il legno colorato del comodino. “Pronto!?” esclamò lui, senza nemmeno guardare chi fosse, “Luca!? Oddio, stai bene!” sospirò sollevata una donna dall’altra parte, “Ma chi… Elena!?” chiese di rimando Luca risedendosi di traverso sul letto, “Sì sì, sono io… No, ma mi raccomando non fatemi sapere mai niente eh!? Ti pare possibile che io debba sapere che hanno provato ad ucciderti leggendo un giornale?”, “Ele…” la fermò dolcemente lui “non arrabbiarti, dai! è stato tutto così frenetico che non c’è stato il tempo di fare niente…”, “Mi stai dicendo che nemmeno Anna sa ancora nulla!? Ti ammazza lei Lu’, quando scopre che non l’hai avvertita subito!” lo mise in guardia l’amica, “ Non c’è pericolo, tranquilla! Non so molto bene come siano andate le cose ma so che è riuscita a parlare con Vittoria. Non appena esco di qui poi la chiamo!” ridacchiò piano il giovane, “Quindi ti dimettono già stamattina!?” domandò Elena tornando seria, “Sì, tanto sto bene: si tratta solo di un po’ di lividi che se andranno in qualche giorno!” minimizzò lui come se quei lividi non fossero la conseguenza di un tentato omicidio ma di una banale caduta. “Luca, mi spieghi che sta succedendo!? E non dirmi che non ne hai idea perché se avevi l’antiproiettile vuol dire che una cosa del genere la temevi…” esclamò l’amica con tono preoccupato, “è complicato da spiegare, credimi… ma ci sono molti interessi in gioco e tu lo sai come vanno le cose: se un poliziotto si mette in mezzo va eliminato!”. E seppure quella non fosse altro che la verità, Elena si sentì attraversare da un brivido di inquietudine soprattutto per la tranquillità che era sembrata esserci nelle parole di Luca, come se in un certo senso fosse consapevole che quello non sarebbe stato l’unico tentativo di ucciderlo. “Comunque non c’è nulla da temere, dubito che dopo tutto il casino di stanotte vogliano di nuovo esporsi in questo modo!” aggiunse subito dopo con voce volutamente più leggera, chiaro tentativo di tranquillizzarla, “Mmm, sai l’amica vorrebbe crederci ma la poliziotta sa che non è proprio così…” ribatté lei pacata, “Beh, ma io sto parlando con l’amica e non con la poliziotta quindi il problema non si pone!” ridacchiò lui, “Uffa, va bene: hai vinto! Faccio finta di credere che ora sia tutto a posto, anche se so che non è vero! Comunque, adesso mi chiamano ma ne riparliamo di ‘sta storia ok!?” disse lei mentre in sottofondo si sentiva un ‘Argenti!’ ovattato, “D’accordo, ne riparliamo! Ora vai e grazie Ele!” le sussurrò il ragazzo, “E di che.. Un bacio Lu’!” e con lo schiocco di un bacio vero, l’amica chiuse la telefonata. Luca invece, tornò a posare il cellulare sul comodino e con i vestiti sottobraccio si avvio in bagno.

    Meno di un quarto d’ora dopo era di nuovo in camera, il letto rifatto e la sua giacca piegatavi sopra. Appoggiata alla finestra, una donna. “Come mai di nuovo di qui!?” chiese Luca con distacco mentre infilava malamente le sue cose nella borsa, “Non lo so... io, ho bisogno di sapere...” confessò lei girandosi con le braccia strette al petto, “Cosa Viola!? Cosa vuoi sapere ancora!?” sbuffò lui riferendosi chiaramente al colloquio di poche ore prima “Volevi sapere se ero stato io a sparare giù al fortino e te l'ho detto: sì, sono stato io! Volevi...”, “Voglio sapere se pensi davvero che Remo mi abbia amato!” lo bloccò lei facendoglisi vicino. Luca la fissò, perplesso. Aveva la sensazione che quella domanda nascondesse più del dubbio legittimo di una moglie che si scopre tradita nella fiducia. “Ti ho risposto anche a questo, ieri sera! A te, Remo ti ha sempre amato! Sempre!” esclamò lui infilando faticosamente la giacca. Viola si mosse irrequieta per la stanza, a disagio, “Io non ne sono più convinta... non sono più convinta di niente!” soffiò fuori con una nota rabbiosa nella voce “È come se improvvisamente qualcuno mi avesse urlato in faccia ' Hai sbagliato Viola! Hai fatto l'errore più grande del mondo con lui!'”. Adesso era Luca a sentirsi in difficoltà: era già tutto così complicato che proprio non aveva voglia di discutere anche di quello. “Senti Viola” le disse piano “capisco che tutto questo sia traumatico e che abbia messo in discussione tutto ma… beh, ecco, io non credo di essere la persona più adatta con cui parlarne…”, “Perché Luca!? Perché hai sempre pensato che io non avrei mai dovuto scegliere Remo!? È così!?” e i suoi occhi erano un atto di sfida. Luca boccheggiò per un istante, quello che gli servì per elaborare quelle parole e poi scosse la testa, con lo sguardo basso. “Non sono la persona giusta semplicemente perché solo tu puoi sapere come è stata la tua vita con Remo, solo tu puoi tirare le conclusioni.” esclamò puntandole addosso un’occhiata sfuggente, “Ma io me le ricordo le tue conclusioni quando avevamo quindici anni! E la tua reazione quando ci hai visto insieme in ospedale e…” replicò la donna in un sussurro ricordando quel periodo della loro adolescenza, quando l’amicizia aveva cominciato a mutare in qualcosa di diverso e il loro recente ritrovarsi adulti ma, ancora una volta, Luca scosse la testa. “A quindici anni eravamo dei ragazzini, Viola e tutto quello che è successo aveva un senso, allora: due amici che si prendono una cotta per la stessa ragazza e lei che deve fare la sua scelta… E tu hai scelto lui,e se lo hai sposato avendo un figlio insieme, è stata senza dubbio la scelta giusta!” disse con calma “E la mia reazione altro non era che la sorpresa di rivedersi dopo vent’anni: non darle significati che non ha!” concluse voltandosi di nuovo verso il letto mentre armeggiava con la borsa. Un tacito invito affinché Viola se ne andasse terminando quel discorso. Un invito che lei raccolse e quando sentì i suoi passi allontanarsi da lui, Luca si appoggiò con entrambe le mani sull’alto materasso del lettino e tirò un lungo sospiro. Furono altri passi che echeggiavano sempre più affrettati e vicini alla sua stanza che lo convinsero a girarsi un’altra volta verso la porta. Il tempo di sbarrare gli occhi stupito nel vedere Anna lì, davanti a lui, che si ritrovò stretto tra le sue braccia con il suo respiro affannato sul collo. “Dio, stai bene, stai bene…” aveva preso a mormorare lei sollevata, “Più o meno…” sibilò lui tra i denti mentre la allontanava delicatamente da sé, “Oh… ti ho fatto male vero!? Scusa, scusa scusa…”, “Tranquilla, è tutto a posto!” sorrise prendendola per le mani “Piuttosto, che ci fai qui!?”. Anna lo fissò incredula: davvero le stava chiedendo perché era lì? “Beh, forse perché ti hanno quasi ammazzato!?” domandò di rimando inarcando un sopracciglio, “Ah… ma sto bene e pensavo che Vittoria te lo avesse detto”, “Sì, me l’ha detto ma io volevo vedere con i miei occhi: mi sono spaventata moltissimo!” e tornò ad abbracciarlo, stavolta molto più cautamente, “Mi dispiace, tesoro! È che…”. “Lascia stare Lu’, me lo spiegherai dopo…” lo interruppe lei facendogli una carezza, “E voglio sperare che lo spiegherai anche a me!” si era intromessa una voce di donna alle loro spalle. “Scusate, non volevo disturbare!” aveva continuato ed Anna si era girata nella sua direzione. Aveva un braccio al collo e i capelli decisamente più corti dell’ultima volta che l’aveva vista ma era impossibile non riconoscerla: appoggiata alla porta c’era Giulia Corsi. “Ciao Anna, è un piacere rivederti!” le aveva sorriso sincera la donna e lei aveva spontaneamente ricambiato andandole incontro. “Anche per me!” le disse e si salutarono abbracciandosi. “Ho pensato di portarti la colazione: un ottimo cornetto alla marmellata!” esclamò poi Giulia lanciando un sacchettino bianco a Luca che lo afferrò al volo, “Grazie! È il mio preferito, peccato solo che abbia lo stomaco a pezzi!” fece lui con una smorfia, “Gli antidolorifici, già… anch’io non riesco a mangiare nulla” e si passò una mano sul braccio ferito mentre lo sguardo vagava inquieto per la stanza. “Ok, che vuoi sapere di preciso!?” esclamò Luca fissandola, “Innanzitutto mi piacerebbe sapere perché non hai detto a nessuno, nemmeno a me, che ti sentivi minacciato…” e ora Giulia aveva un’aria decisamente severa, “Pensavo e speravo di essermi sbagliato! Evidentemente la banda di Remo vuole vendicare la sua morte ma, tranquilla, non ci riusciranno!”, “Luca, ho paura che ci sia qualcosa di molto più grande dietro tutto questo, dietro il tuo attentato, dietro gli affari di Remo…” precisò lei con tono sofferto. “Non capisco Giulia, che vuoi dire...” chiese Luca perplesso, “Mi riferisco alla soffiata che ho avuto in Sicilia prima di tornare qui. Un pentito in punto di morte, mi ha parlato di… oddio, è così difficile… mi ha parlato di Paolo! Mi ha detto che il mandante della sua morte è ancora libero ed è qui a Roma!”. Anna stava assistendo allo scambio di battute leggermente in disparte mentre Luca sembrava confuso, quasi non riuscisse a stare dietro al discorso di Giulia. “Non è possibile: li abbiamo presi tutti all’epoca” c’eri ai processi e…”, “Lo so, Luca! Ma io non posso fare finta di niente!”, “Giulia andiamo, chi ti dice che il pentito ti abbia detto la verità!? Magari…”, “ma credi che non c’abbia pensato? C’ho pensato e tanto: ma questo caso, questi trafficanti che agiscono ad un livello superiore… Tutto torna!” insistette la Corsi con gli occhi accesi di sofferenza. Soffriva ancora e sia Anna che Luca lo capivano ma lui era frenato da una razionalità che gli urlava che nessuno di quei bastardi pedofili poteva essere rimasto libero. Il telefono che gli squillava in tasca ruppe il silenzio che aveva riempito la stanza e Luca dovette rispondere mentre Giulia non gli staccava gli occhi di dosso, disperatamente bisognosa che lui le credesse. Luca era rimasto in ascolto del suo interlocutore per un paio di minuti e al termine della telefonata, aveva sulle labbra un sorriso sollevato. “Era il questore Fittante: vista la situazione, il X non verrà chiuso!” annunciò felice, “È una splendida notizia!” esclamò Anna, “Già e ora andiamo al distretto ad avvertire gli altri!” e mentre prendeva la borsa tornò ad incrociare lo sguardo di Giulia. Sospirò leggero “Se è come dici tu, dove abbiamo sbagliato? Dove?” e gli occhi bassi di Giulia gli rivelarono che anche lei se lo chiedeva senza riuscire a trovare una risposta.

    ***

    Il distretto era lo stesso che lei aveva salutato pochi mesi prima, eppure Anna sentiva che era diverso. Era cambiata l’aria lì dentro, per l’ennesima volta. C’erano storie e facce diverse. C’erano due giovani poliziotte: una dall’aria un po’ svampita e l’altra che sembrava essere incazzata col mondo intero. E in guardiola, c’era un ragazzotto in divisa, dall’aria impettita. Così impettita che pareva aver ingoiato un manico di scopa. “Sai che Giuseppe ha aperto le scommesse su quanto ci metterà a distinguere il telefono dal fax!?”, Vittoria era uscita dall’ufficio di Luca e ridacchiando le si era fermata accanto mentre indicava con la testa il nuovo collega e anche Anna rise. “Luca è ancora dentro?” le chiese subito dopo e la Guerra annuì “Sì, sta facendo il punto delle indagini con il procuratore anche se penso che dopo tutto quello che è successo dovrebbe andarsene a casa a riposare”, “Lo penso anch’io” e la ragazza puntò lo sguardo verso l’ufficio chiuso. Vittoria invece stava guardando con una certa apprensione Brenta che sembrava premere tasti a casaccio sul fax e Anna approfittò di quei pochi secondi di silenzio per decidersi a chiederle una cosa. “Senti, Vittoria, posso chiederti cosa pensi di questa storia!? Mi riferisco a Remo e… Viola! Cioè, tu conosci abbastanza Luca per capire che effetto gli sta facendo tutto questo e…” e il suo tono si affievoliva sempre di più mentre si chiedeva cosa si aspettasse davvero si sentirsi dire. La donna sorrise impercettibilmente e pensò con cura alle parole con cui risponderle “Anna, non è una situazione semplice: non può esserlo quando ti ritrovi ad indagare su persone che conosci e che sono importanti per te e tu lo sai benissimo… In più, Luca deve lottare coi sensi di colpi per la morte di Remo nei confronti della sua famiglia…”, “Nei confronti di Viola…” precisò Anna “Stamattina, quando sono arrivata in ospedale l’ho vista uscire dalla sua stanza”, “E allora Annina!? Non so che idea abbia quella donna ma so che Luca non la considera altro che una vecchia amica coinvolta in qualcosa più grande di lei!”. Anna si morse le labbra a disagio: Vittoria sembrava aver colto la sua vera intenzione, ovvero capire se lei potesse essere o meno una minaccia in un ipotetico nuovo tentativo con Luca. “E se tu fossi entrata in camera due secondi prima, avresti notato che non facevo i salti di gioia ad averla lì” aveva aggiunto la voce calda e quieta del giovane vice questore. Anna trasalì: aveva perso il conto di quante volte in quella giornata fosse stata sorpresa alle spalle da qualcuno. Il punto però era che evidentemente lui aveva ascoltato parte se non tutta la sua conversazione con Vittoria, che adesso sorrideva notando il suo imbarazzo. Luca invece aveva un’espressione serena e tendendo una mano a sfiorarle una spalla le indicò l’uscita “Andiamo a casa dai, qui possono continuare da soli!” aveva detto facendo un occhiolino a Vittoria e, poco dopo, si era ritrovata a seguirlo docile verso la macchina mentre cerava di riordinare le idee.

    ***
    Anna fece capolino curiosa in quella che era la nuova casa di Luca mentre lui ancora borbottava qualcosa circa la borsa che lei non gli aveva permesso di prendere. “La smetti!? Sembri una pentola di fagioli con ‘sto borbottio!” lo prese in giro camminandogli accanto lungo i pochi metri del corridoio. Lui le scoccò uno sguardo di traverso, “Sì ok, ora non guardarmi male. Era per dire che è solo una borsa e posso portarla da sola!” fece lei con un’alzata di spalle mentre si infilava in quella che sicuramente era la sala. Cominciò a guardarsi intorno con lunghe ed attente occhiate e Luca si chiese divertito se anche lui aveva fatto così quando le era piombato in casa a Trieste. “È davvero… molto bianca!” esclamò Anna, seguendo con le dita il profilo delle mensole dell’imponente libreria che occupava l’intera parete che le stava di fronte. Sentì il leggero ridacchiare dell’uomo dietro di lei mentre pensava che quel ‘parecchio bianca’ rifilatole come descrizione della casa in una chiacchierata serale un po’ di tempo prima, corrispondeva effettivamente alla verità. Bianche erano le porte, bianche erano le pareti, bianca era la libreria, bianchi erano gli infissi del balcone, bianchi erano i divani sotto i plaid azzurrini che li ricoprivano solo parzialmente. Era tutto così freddo ed anonimo. Ripensò con nostalgia alla casa in cui avevano convissuto, alle porte di legno color miele, ai divani blu, alle impronte delle loro mani che coloravano di verde e giallo l’angolo di una parete. “Luca…” lo chiamò piano girandosi, con un qualcosa di molto simile ad un magone che le si piantava in gola. Avrebbe voluto chiedergli cosa ci faceva in un posto così tanto diverso da lui. Avrebbe voluto chiedergli perché aveva scelto di vivere in un posto che non lo rispecchiava affatto. “È luminosa ed è vicino al commissariato!” le spiegò lui come se avesse intuito quali erano i suoi pensieri, “Ma non è adatta a te! Cioè, c’è qualcosa di stonato in questa casa: è fredda, severa, quasi anonima… E tu non sei così!” protestò accorata. Lui scosse la testa andandole vicino “Stai facendo un dramma senza ragione!” le sorrise ma lo sguardo duro che ricevette in cambiò gli fece capire che stava sottovalutando la questione. Sospirò. “Anna” cominciò Luca sfiorandole un braccio “lo so che non è la casa in cui stavamo prima ma… beh, era tutto diverso prima! Quella casa era nata in un modo completamente diverso!” e lei pensò subito alle settimane passate a trovarla prima e arredarla poi, insieme. “Stavolta invece, l’unica cosa che ho valutato è quanto fosse vicina al lavoro e da questo punto di vista è perfetta! Per il resto, se non ti piace l’arredamento non è colpa mia ma del proprietario!” e ridacchiò non scansando però la manata leggera di Anna. “Giuro che non appena finisce ‘sta storia cambio un po’ di cose, ok!?” la rabbonì lui con un bacio sulla tempia, “Va bene! Perché davvero tutto questo bianco è triste…” si lasciò scappare in un soffio. E lei odiava pensare che in qualche modo riflettesse veramente lo stato d’animo di Luca. “Oh-Oh” esclamò improvvisamente lui attirando subito la sua attenzione, “Che c’è!?”, “Abbiamo un problema!”, “Un problema!? E di che tipo!?” cominciò ad allarmarsi Anna, “Dove dormi tu, stanotte!?” domandò di rimando “No perché la stanza per gli ospiti non è ‘agibile’, diciamo…” spiegò in tono buffo. Anna inarcò un sopracciglio. La stanza non era agibile? “Che significa!?” chiese soffocando una risatina, “Eh, significa che non è affatto in ordine: è piena di scatoloni di roba del proprietario che ovviamente lui non viene mai a prendere!” sbuffò Luca “Vabbè, tu starai in camera mia e io sul divano!”, “Ma non esiste!” si impuntò lei “Tu hai bisogno di riposo e di certo non puoi stare sul divano: ci starò io!” e sicura si lasciò cadere sul divano. Cominciò a fare piccoli saltelli da seduta per assicurarsi che fosse comodo e Luca ridacchiò di nuovo. “è un tantino scomodo, vero!? In effetti è un deterrente dall’addormentarsi davanti alla tv… Senti, e se dividessimo camera mia!? Il letto è abbastanza grande per entrambi e poi… beh, non ci sarebbe nulla di male, no!?” propose lui evitando accuratamente di incrociare il suo sguardo, “N-no no, per me va bene!” pigolò Anna abbozzando un sorriso. Si sforzava di mostrarsi tranquilla ma, in realtà, la imbarazzava ed agitava l’idea di dormire nello stesso letto con Luca: aveva ricordi poco piacevoli dell’ultima volta che era successo ma, di certo, non voleva che lui pensasse che quell’episodio fosse ancora un problema. E poi, una parte di lei, da qualche parte sotto pelle, tra lo stomaco e il cuore, moriva dalla voglia di stare di nuovo così vicino a lui. Seguì con lo sguardo Luca che scompariva verso la cucina e si abbandonò lungo lo schienale con un sospiro emozionato.

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    Anna passò una mano sullo specchio, appannato dal vapore caldo che aveva invaso il bagno durante la lunga doccia che si era concessa. Si sentiva decisamente più rilassata ora, e tutte le ansie di quella giornata erano sembrate essere scivolate via insieme all'acqua. Aveva un paio di pantaloni grigi che le cadevano morbidi lungo le gambe e una maglietta bianca, si sentiva comoda e a proprio agio. Tirò fuori dal beauty appoggiato sul lavandino un elastico nero e raccolse i capelli in una piccola coda mentre sorrideva nel riconoscere lì, sulla mensolina, il solito e familiare profumo di Luca, quello al muschio bianco. Era piacevole vedere che alcune cose, anche se piccole, non erano cambiate. Spense la luce tirandosi dietro la porta e lentamente si avviò verso la camera di fronte. Per qualche secondo rimase appoggiata allo stipite osservando la stanza. Al centro c’era il letto con una massiccia ma semplice testiera in legno scuro ed era ricoperto da una trapunta blu e da lenzuola di un delicato azzurro cipria. Dall’altro lato, accanto al comò, Luca stava buttando giù qualcosa con una lunga sorsata d’acqua. “Ancora antidolorifici!?” si informò lei, “Già… per qualche giorno mi toccano!” minimizzò lui mentre si stendeva da quello che, per quella notte, sarebbe stato il suo lato del letto. Anna gli si stese vicino ammassando l’uno sull’altro due cuscini dietro la schiena e cautamente gli chiese “Come va!?”. Lui sospirò “Se ti riferisci ai dolori al petto, quelli passeranno nel giro di poco. Se, invece, ti riferisci a tutta la situazione, non lo so! è complicato e se davvero, come dice Giulia, tutto questo c’entra con la morte di Paolo, lo è ancora di più!”, “Però ora che il X non rischia più la chiusura potrete lavorare con maggiore tranquillità e…”, “Sì ma tutto il resto!? La banda di Remo ancora in circolazione, Viola che non riesce a farsene una ragione, le indagini di Giulia e…” Luca si bloccò. Anna aveva abbassato gli occhi non appena lui aveva nominato Viola e questo, beh lo incuriosiva . Perché aveva reagito così!? c’entrava quello che le aveva raccontato sul loro passato qualche sera prima o c’entrava il fatto di averla vista uscire quella mattina dalla sua camera in ospedale? “Che succede!?” la pungolò dandole un colpetto su un braccio, “Nulla!” rispose nascondendosi dietro un sorriso incerto, “Dai, non sono scemo… ho visto come hai subito deviato lo sguardo da me quando ho nominato Viola! Perché!?”. Anna scosse leggermente la testa. Non aveva la voglia né il coraggio di spiegargli che erano tornati al punto di partenza con lei, innamorata e gelosa e lui, che faceva finta di non capirlo. “Hai frainteso Lu’…” decise di rispondergli infine, quando a fatica era riuscita a rialzare gli occhi sul suo viso, “Non penso, sai!?” ridacchiò lui tirandosi a sedere per guardarla in faccia “E comunque non ti sto chiedendo perché ti da fastidio lei, questo lo so… sei gelosa! Io voglio sapere perché sei gelosa!” precisò. Anna per un attimo si sentì spaesata: ok, doveva ricredersi, stavolta Luca aveva capito. Istintivamente si girò per sfuggirgli ma la sua mano le bloccò con delicatezza il viso, avvolgendole la guancia in una morbida carezza. “Rispondi Anna! Tanto è inutile fingere di non essere gelosi l’uno dell’altra, sarebbe come fingere che gli ultimi mesi non sono esistiti!” le sussurrò dolcemente lui, “Come faccio Luca!? Come faccio a dirti che sono gelosa di quello che può esserci stato tra di voi quando eravate ragazzini e che non mi piace il modo in cui ti gira intorno!? Come faccio a dirti che sono gelosa del fatto che lei è qui e può vederti tutti i giorni e io no!? Non posso, ecco! Non posso perché sono stata io ad andarmene!” sbottò lei rincorrendo le parole per evitare di pentirsi di quello che stava dicendo. “Ma ci sei tu qui, non lei!” disse semplicemente Luca, con così tanta tranquillità che nulla più delle parole di Anna sembrava avere un reale fondamento. Perché sì, la verità sarà pure stata che Viola poteva girargli intorno ogni volta che voleva ma lì, nel suo letto, con i suoi occhi e la sua mano sul viso, c’era lei. “L'unica cosa che conta è che tu sia qui, adesso!” soffiò lui mentre annullava la distanza tra loro e le posava un primo, timido, bacio sulle labbra. Uno schiocco leggero che si moltiplicò umido sulle labbra appena dischiuse, lentamente, quasi ad assicurarsi di potere osare. E Anna lo lasciò fare, godendosi il momento, assaporando quel bacio che a poco a poco si faceva più invadente, più intimo. Sentì la mano passarle dalla guancia al collo e poi scendere, lieve come una piuma, lungo il braccio mentre le si faceva impercettibilmente più vicino. Per lei, però, era ancora troppo lo spazio che li separava e così allungò le braccia a cingergli il collo. Si ritrovò con il corpo premuto contro quello di Luca che soffocò un gemito di dolore nel bacio sulla sua bocca. Anna si staccò di colpo mentre lui chiudeva gli occhi in una piccola smorfia. “Oddio, ti ho fatto male!” mormorò lei apprensiva, “No no, è tutto a posto...” e ignorando la fitta al torace tornò a baciarla mentre faceva perno con le mani sul letto e la costringeva a stendersi. “Magari se togliamo questo è meglio eh...” sussurrò lui contro le sue labbra mentre spingeva via un cuscino da sotto la sua schiena per permetterle di stare più comoda. Anna gli sorrise di rimando mentre insinuava le proprie mani sotto la sua maglietta. Una carezza maliziosa a cui lui rispose seppellendo il volto nell'incavo della sua spalla dove piccoli morsi e baci formarono presto una caldissima scia umida. Anna sentiva il cuore batterle forte nelle orecchie mentre il suo corpo cominciava a rispondere alle attenzioni di Luca. Approfondì con decisione la carezza sotto la maglietta, risalendo piano verso la schiena e facendo salire così, insieme alle sue mani, anche il tessuto. Stavolta fu Luca a staccarsi ma solo di quel tanto che bastava per sfilare, una manica dopo l'altra, la maglietta nera che era ormai diventata d'impiccio. Lievemente sollevato su di lei, lasciò correre lo sguardo alla scollatura rotonda che le segnava il petto, che si alzava e abbassava velocemente al ritmo del suo respiro affannato, mentre arrotolava lentamente tra le dita il bordo della maglietta. Senza quasi accorgersene Anna si ritrovò in reggiseno, con la pelle bollente di Luca che sfiorava la sua e con una mano che, birichina, si intrufolava oltre l'elastico dei suoi pantaloni. Smorzò un sospiro tra i denti quando lui si tirò su e si sedette sulle ginocchia, fissandola con occhi profondi e sempre più scuri. Lei si sentiva attratta da quello sguardo come un pezzo di ferro da una calamita, sarebbe stata disposta a fare qualunque cosa per lui e per non dover fare mai più a meno di quel sorriso, di quegli occhi, di quelle mani. Mani che ora, dolci ma forti, stavano accompagnando i pantaloni giù, lungo le sue gambe. Anna chiuse gli occhi mordendosi le labbra e portò d'istinto le braccia sul corpo a coprirsi: aveva appena realizzato di avere addosso un semplicissimo completino di cotone bianco e una vocina, in fondo alla sua testa, aveva cominciato a dirle che non era proprio il massimo per la prima volta con Luca. E per un momento si ritrovò a rimpiangere i completini di pizzo che aveva impedito a Rosa di infilarle in borsa. “Non coprirti, sei bellissima!” le sussurrò però lui, spazzando via le sue paranoie. Le spostò le braccia e, tornando a stendersi su di lei, le intrufolò una mano sotto la schiena. Anna si inarcò trattenendo il fiato, quando sentì il gancetto del reggiseno che si sganciava e si ritrovò quasi completamente nuda sotto Luca, che continuava a guardarla, affascinato e... innamorato. Sì, quello sguardo che non la lasciava un attimo era quello di un uomo innamorato e lei non ricordava quante volte avesse sperato di essere guardata in quel modo da lui. Ma ora tutte quelle attese e gli sbagli che le avevano riempite non avevano più nessuna importanza perché stavano per fare l'amore. E persi in un bacio morbido e caldo, Anna portò le mani sui fianchi di Luca in una sensuale carezza, spogliandolo piano mentre lui le mormorava “Ti amo” sulle labbra, per la prima volta.

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    Anna si muoveva già da un po' a letto, stiracchiando pigramente le gambe e le braccia ancora incrociate sotto il cuscino, ma senza alcuna voglia di aprire gli occhi. Non aveva dormito molto quella notte e si sarebbe volentieri concessa qualche altro minuto di sonno. Si girò su se stessa, allungando un braccio a cercare Luca con l’intenzione di accoccolarsi a lui e riaddormentarsi stretta tra le sue braccia ma, accanto a lei però, non trovò altro che il letto vuoto e il suo posto ancora tiepido, segno che si era alzato da poco. Soffocando uno sbadiglio, Anna si tirò a sedere con le lenzuola aggrovigliate attorno alle gambe e si passò le mani tra i capelli arruffati cercando con lo sguardo, nella penombra della stanza, dove potessero essere finiti i suoi vestiti della sera prima. Con una certa sorpresa, notò un mucchietto di indumenti poggiati sulla poltrona di fronte al letto e sorrise pensando a Luca che, nel buio e appena sveglio, vagava per la camera a recuperare la roba che senza molti complimenti avevano sparso a terra solo poche ore prima. Districandosi dall’intrigo delle lenzuola, Anna si alzò e dalla poltrona afferrò gli slip e la maglietta di Luca, indossandoli, e a piedi scalzi si avviò verso la cucina. Luca trafficava con la moka, in piedi davanti ai fornelli e le dava le spalle, così non si accorse del suo arrivo. “Ehi…” esclamò Anna a bassa voce facendolo girare di colpo, mentre si appoggiava al tavolo, “Ehi… buongiorno!” replicò lui avvicinandosi e chinandosi a darle un piccolo bacio sulle labbra “Che ci fai già in piedi!? Volevo portarti il caffè di là…”, “Mmm, e io volevo vedere che fine avevi fatto! Mi sono svegliata e non c’eri più!” borbottò con un finto broncio mentre faceva scorrere le dita attorno ai lividi che adesso gli distingueva chiaramente sul petto. Lui le sorrise appena ma a lei fu chiaro che aveva la testa da un’altra parte. “A che pensi!?” gli chiese intrecciando le mani con le sue, “Pensavo a stanotte” rispose lui mentre lei arrossiva lievemente. “è stato meraviglioso!” esclamò felice, “Sì, lo è stato! ...in realtà però io mi riferivo al discorso di ieri sera, alla gelosia e tutta quella roba lì” precisò Luca con un’occhiata seria, “Ah... ma l'hai detto tu che è inutile fare finta di non esserlo” e il tono di Anna suonò vagamente allarmato, come se temesse di sentirsi dire qualcosa di brutto, “Infatti!” si affrettò ad aggiungere lui “Infatti mi va bene che tu sia gelosa di me ma… ma, ti prego, non essere gelosa del mio passato e tanto meno del mio presente! Non sentirti minacciata da presenze che per me non significano nulla!”. Anna boccheggiò un paio di volte come alla ricerca di parole che sembrava non trovare poi, quasi fosse una resa, soffiò fuori un leggero “Mi dispiace… mi dispiace davvero ma è più forte di me: non riesco a non avere paura di perderti e non riesco a non avere paura che qualcuno ti porti via da me! Soprattutto ora!”. Soprattutto ora che le cose sono cambiate, che abbiamo fatto l’amore, che forse stiamo insieme… Anna avrebbe voluto aggiungere anche quello ma le parole le erano morte in gola, dove bruciavano come le lacrime che avvertiva pungerle gli occhi, mischiate a quell’insicurezza che le faceva vedere minacce ovunque e che non aveva mai provato per nessuno che non fosse Luca. “Anna, amore, ti devi fidare di me! Ti devi fidare perché io non voglio andare via da te! Ti devi fidare perché io ti amo!” le sussurrò lui prendendole il viso tra le mani “Io ho bisogno che ti fidi di me, esattamente come io mi sono fidato di te! E io, Anna, mi sono fidato a tal punto di te e delle tue scelte che ti ho lasciato partire senza dire nulla, facendomi bastare la promessa che non mi avresti messo da parte, anche correndo il rischio che trovassi la felicità in qualcuno che non ero io…”. Luca parlava piano, lasciando per la prima volta correre liberamente le parole e lei, finalmente, aveva capito quanto era stato davvero difficile per lui accettare le sue scelte. L’aveva lasciata andare nonostante tutto, pronto ad accettare qualunque cosa lei avesse scelto, disposto anche a vederla accanto ad un altro purché fosse felice: una totale ed incondizionata fiducia ed una grandissima prova d’amore. “Tu credi di poterti fidare di me se ti dico che non c’è nulla di cui tu debba avere paura!?” e gli occhi dolci e scuri di Luca si specchiarono in quelli lucidi di Anna che si spostò dal bordo del tavolo e, buttandogli le braccia al collo, lo strinse a sé più forte che poté. “Certo che mi fido, amore… Mi fido!” rispose lei con la voce incrinata ma sicura ed entrambi sorrisero felici, stretti in un abbraccio che sapeva di amore e di nuovo inizio.

    …continua…
  5. .
    Ehm... Salve! ^^
    Allora, va bene che la speranza è l'ultima a morire ma io continuo ad essere tendente al pessimismo per ciò che ci riserverà il ritorno congiunto di Luca e Anna ù.ù E da qui nasce questa shot... depressa XD (per la gioia della Cri XD)
    Grazie a Sara per la consulenza sul titolo **
    Vi lascio alla lettura, se vorrete leggere XD


    Un amore ormai troppo lontano



    Il sole gioca a nascondino con le nuvole e i cipressi alti e maestosi sembrano guardie impettite, oltre il confine di quel cancello che hai oltrepassato lentamente, un passo dopo l'altro. La ghiaia bianca che scricchiola sotto i tuoi piedi ti richiama alla mente uno stropiccio di carta. E tu ti chiedi se è quello il rumore che il tuo cuore ha fatto quando, due giorni prima, si è ritrovato stritolato da un dolore così grande che non credevi possibile. Cammini piano, rimani indietro, controlli a fatica il respiro e senti tutto incredibilmente sbagliato. È sbagliato quel posto. È sbagliata quella situazione. È sbagliato quel dolore. È ingiusto. E senti di essere sbagliata anche tu: ti senti a disagio nei tuoi stessi vestiti sotto gli sguardi che ti accarezzano sfuggenti, silenziosi indagatori della tempesta che ti ha sconvolta. Lo sai che tutti vogliono sapere quello che provi, che tutti pretendono di sapere quello che provi. E tu glielo lasci credere. Lasci che pensino di conoscere il tuo dolore perché proprio non hai la forza per dirgli che non immaginano neanche lontanamente quanto ti fa male tutto quello. Non sei l'unica a soffrire lo sai, ma sei quella che soffre di più. E di questo sei sicura perché lui era il tuo Luca ed è il tuo Luca che adesso riposa in quella bara di legno chiaro. Ti manca letteralmente il fiato quando lo pensi e ti appoggi distrutta al grosso tronco di un albero. Chiudi gli occhi e calde lacrime ti bagnano il viso mentre le parole del sacerdote riempiono il silenzio del cimitero. Sorridi nel pianto perché immagini lo sguardo abbassato di Luca e il suo borbottio imbarazzato se potesse sentire le bellissime parole con cui quell'uomo sta parlando di lui. Lui che non ha mai amato essere al centro dell'attenzione. Lui che ora è al centro dei cuori e dei pensieri di tutti. Ti guardi intorno, nemmeno tu sai alla ricerca di cosa, e trovi visi sconvolti. Trovi pianti e singhiozzi. Trovi Antonio, le sue spalle curve, le sue lacrime ininterrotte. Sta lì, ad un passo dalla bara, improvvisamente invecchiato, e ciondola la testa in una litania di no sussurrati. Non ci crede e forse spera che quei no ostinati possano disegnare un'altra realtà. Sogna un'altra realtà! Perché non può essere vero, non può essere possibile che quel ragazzino diventato uomo sotto ai suoi occhi ora abbia smesso di vivere. “I padri non devono sopravvivere ai figli”... riconosci questa frase nel mormorio sulle sue labbra, nella disperazione di chi si sente come un padre a cui hanno portato via il figlio. Per sempre. Nuovi singhiozzi si mischiano ai tuoi. Quelli di Ugo con i pugni sulla bocca e la mano gentile di Sofia che gli accarezza la schiena e quelli di Vittoria, rumorosi e strazianti, che si appoggia a Giuseppe mentre cerca un conforto che non sembra esistere. Dietro di te, altri passi risuonano sordi sulla ghiaia. È una donna minuta e con i capelli corti. Ci metti un attimo a riconoscere in lei Giulia Corsi, il tuo antico commissario. Dell’espressione algida e fiera che le ricordi in volto non c’è più traccia. Ci sono solo lacrime che a grosse gocce bagnano il fascio di gigli bianchi che ha tra le braccia. Lacrime così simili ma anche così diverse da quelle versate per Mauro, in quel giorno di cinque anni fa così dannatamente uguale a questo. Sono lacrime che nascondono una vicinanza nuova, un legame così forte che tu ti chiedi quanto deve essere stato davvero duro l’anno appena trascorso per lei. E per Luca. E tu non c’eri. C’era lei, però. C’era quella ragazza bionda a cui Giulia ha sfiorato una spalla, in un saluto lieve. C’era Barbara. Sono state le sue mani, quelle mani che lei sta torturando senza un attimo di pace, a macchiarsi del sangue di Luca. Sono state le sue mani a provare disperatamente a cambiare la sorte. È stata la sua voce a tentare di tenerlo sveglio, a pregarlo di non mollare. È stata la sua voce l’ultima che lui ha sentito. È stato il suo sorriso a cercare di alleviare la sua paura. Sono stati i suoi occhi, quelle pozze azzurre, a mentirgli dicendogli che sarebbe andato tutto bene. Sono stati i suoi occhi, ora rossi e gonfi, gli ultimi in cui lui si è specchiato. Sono state le sue lacrime a dirgli addio come calde carezze. È stata Barbara la compagna dei suoi ultimi istanti. E avresti dovuto esserlo tu. Lo sai, lo sai benissimo. E non serve che il tuo cuore te lo urli ogni momento, ad ogni battito, facendoti sempre più male come se migliaia di spilli stiano affondando un po’ più nella tua carne ad ogni respiro. Hai lo sguardo appannato quando ti accorgi che l’elogio funebre è finito e realizzi che da lì a poco Luca scomparirà sotto terra. Non ce la fai più e abbandoni la testa contro l’albero. E piangi. Con tutta te stessa. Lentamente le persone si allontanano passandoti accanto a testa bassa. Riconosci il Maggiore Patrizi, che sembra abbracciarti con uno sguardo triste, e quell’uomo che non si è mosso un secondo dalla veglia in ospedale. Ricordi solo che è il procuratore del X ma tanto ti basta a confermare che era impossibile non volere bene a Luca ben oltre i rapporti di lavoro. Lì, davanti alla bara sono rimasti i suoi uomini, i colleghi del distretto. I suoi amici. Ti nascondi praticamente dietro l'albero, quando gli occhi piccoli e annacquati di Vittoria ti si incollano addosso. Sono dolci e comprensivi quando ti lanciano un'ultima occhiata mentre lei spinge delicatamente gli altri ad allontanarsi. Ti stanno lasciando sola con Luca. Ti stanno regalando un ultimo momento da sola con lui. E ringrazi silenziosamente per quello anche se ti tremano le gambe mentre metti un piede davanti all'altro e consumi le poche manciate di centimetri che ti separano da lui. Allunghi una mano a seguire il profilo della bara e in quel caldo color miele del legno rivedi il riflesso dei suoi occhi in un giorno di sole. Quegli stessi occhi che sembrano fissarti dalla foto sulla croce di marmo scuro, piantata nella terra. Sembra sereno e un sorriso accennato gli curva le labbra: evidentemente è una foto recente perché tu non la ricordi. Hai lasciato che la scegliesse Vittoria, un po' perché l'unica cosa sensata che sei riuscita a fare in questi due giorni è stato piangere e molto perché non ne sentivi il diritto. Che diritto potevi avere su di lui dopo quella lettera che è stata la fine del vostro rapporto? “Scusa” gli sussurri in un soffio mentre ti accovacci a terra e sfiori con le dita la foto, quasi potessi così ritrovare il calore della sua pelle e cancellare dalla mente la sua guancia fredda sotto le tue labbra. ”Scusa” gli sussurri di nuovo mentre ti ritrovi in ginocchio “Scusa se ti ho lasciato solo, io... io...”. Le parole ti muoiono in gola e un nuovo scoppio di pianto ti scuote e non riesci più a dire niente. Piangi e pensi che è tutto inutile, che tu potresti anche parlare per ore ma lui non ti sentirebbe comunque. Non può sentirti. Non può più. E tu ti odi per quella lettera, per quelle telefonate senza risposte, per quell'anno di silenzio. Ti odi per non esserti fatta sentire quando lui avrebbe potuto. Quando lui voleva. Chiudi gli occhi e lo vedi. Vedi Luca mentre ti stringe, al centro dell'ufficio deserto, e ti promette l'eternità “Ehi... guarda che anche se vai a Trieste io ci sarò lo stesso! Capito?”. E sei stata tu a non esserci stata. Sei stata tu a dire basta. Sei stata tu a far finire quell'eternità. Riapri gli occhi e ti scopri a sperare che in un qualche modo lui possa sentirti. Hai bisogno di pensare che in un qualche modo lui possa leggerti nel cuore perché non hai un briciolo di forza per parlare. Ti specchi in quell'ovale di vetro, contro quegli occhi sempre un filo malinconici e lasci che le parole si rincorrano libere nella tua testa in un muto discorso con il tuo Luca. Gli chiedi scusa per quella stupida lettera, per quel tentativo di andare avanti senza di lui, per non avere avuto il coraggio di darvi un'altra possibilità, per non aver avuto il coraggio di rischiare un'altra delusione. Gli chiedi scusa per aver rinunciato anche alla vostra amicizia. Gli chiedi scusa per aver pensato che in fondo lui ci sarebbe sempre stato, che in fondo ti sarebbe bastato poco – una parola, un sorriso – per far tornare tutto com'era. Gli chiedi scusa per essere stata così egoista. Ma non serve, lo sai. Non serve ad alleviare i tuoi sensi di colpa, quel tarlo che ti scava il cuore perché lui c'è sempre stato per te, sempre, in qualunque momento, mentre tu non ci sei stata per lui. Ti tiri su a fatica con questa consapevolezza che ti fa girare la testa, e torni ad accarezzare la bara. Incastri la rosa, di un rosso così intenso da sembrare nero, tra le lettere del suo nome e vi posi un ultimo delicato bacio. Gli dici addio. “Non sei mai stato roba vecchia... non lo sarai mai...” e stavolta anche la tua è una promessa di eternità.

    ***

    Sali di corsa le scale mentre rovisti nella borsa alla ricerca del libro e ti chiedi sorpresa cosa ci facciano lì in mezzo i giochini della tua bambina. Fai gli ultimi gradini a due a due e ti precipiti nell'aula di Igiene Applicata: appena in tempo per la lezione. Il professore è appoggiato alla cattedra e aspetta paziente che ci sia l'ordine e il silenzio necessario per iniziare mentre tu pensi che sarà una sfida con tutta la gente che c'è. Adocchi un posto libero, accanto alla finestra, poche fila di sedie più in giù e zigzagando tra gli altri lo raggiungi. O almeno tenti. Vieni travolta in pieno da qualcuno che sembra avere avuto le tue stesse intenzioni e, quando rialzi lo sguardo dalla tua roba che giace sparsa a terra, incontri un paio di occhi scuri. Hanno un riflesso dorato. Sono dolci. Sono quieti. Sono i suoi stessi occhi. Gli occhi di Luca. Quegli occhi che ti mancano da morire e che, ora lo sai, ti hanno fatta sentire amata come nessuno è mai riuscito a fare.

    E lontano lontano nel tempo
    qualche cosa negli occhi di un altro
    ti farà ripensare ai miei occhi
    i miei occhi che ti amavano tanto



    “Oddio, mi dispiace... Non ti sei fatta male, vero!?” ti chiede quel giovane, un ragazzo dall'aria allarmata. Si affretta a raccogliere le tue cose mentre continua a scusarsi. Dice che ha fatto tardi, che ha visto dei posti liberi e che voleva sedersi perché in piedi non riesce a prendere appunti e che non voleva venirti addosso. Tu ti perdi buona parte del suo discorso, troppo scossa dallo scintillio familiare che hai colto nei suoi occhi, persa come ogni volta che ti ritrovi a pensare a Luca. “Andiamo a sederci! I libri te li porto io, per farmi perdonare!” ti distrae il ragazzo mentre ti indica due sedie libere e ti sorride. È un sorriso lieve, appena accennato, confuso nel leggero rossore sulle guance. È un sorriso timido e timoroso. Lo stesso sorriso di Luca, quello di quando era in imbarazzo e tu non smettevi un secondo di prenderlo in giro.

    E lontano lontano nel mondo
    in un sorriso sulle labbra di un altro
    troverai questa mia timidezza
    per cui tu mi prendevi un po' in giro



    Ridacchi istintivamente mentre gli vai dietro, riscaldata da quei ricordi. Lui poggia rumorosamente le cose su un banchetto e si volta a guardarti. E tu hai un altro tuffo al cuore. Si è appoggiato di traverso al banco e ti rivolge uno sguardo di sbieco, a metà tra l'incuriosito e il confuso. Quante volte Luca ti ha guardato in quel modo? Quante volte quello sguardo curioso e interrogativo ti si è posato addosso? Tante, così tante che tu ne ricordi perfettamente ogni minima sfumatura. Come la tua preferita: quell'ombra di malinconia, lì in fondo agli occhi, quel velo di tristezza anche quando era felice.

    E lontano lontano nel tempo
    l'espressione di un volto per caso
    ti farà ricordare il mio volto
    l'aria triste che tu amavi tanto



    “Cos'altro ho combinato!?” ti chiede in uno sbuffo rassegnato, “Cosa!? Oh no, non rido per te...” gli spieghi mentre ti siedi, “Sicura!? Guarda che non mi offendo: sono così imbranato che sono abituato alle risate...” confessa scivolando sulla sedia accanto alla tua e tu, senza nemmeno sapere perché, inizi a parlare. “Mi ricordi una persona! ...Si chiamava Luca ed era semplicemente meraviglioso! Era il mio migliore amico, il mio amore più grande. Era il mio tutto...” e regali un pezzo della vostra eternità a quel ragazzo di cui non sai nemmeno il nome e che ti ascolta attento.

    E lontano lontano nel mondo
    una sera sarai con un altro
    e a un tratto chissà come e perché
    ti troverai a parlargli di me
    di un amore ormai troppo lontano

5 replies since 24/2/2009
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